Al Salone del Mobile di Milano 2025, la luce ha smesso di essere solo funzione per diventare linguaggio. Lo si è percepito immediatamente entrando a Euroluce, la biennale dedicata all’illuminazione, dove gli stand non erano più solo esposizioni, ma vere e proprie narrazioni sensoriali. Un fil rouge ha attraversato tutta la manifestazione: la luce come elemento immateriale che costruisce spazio, emozione, memoria e futuro.
Tra le proposte più evocative, spicca l’approccio poetico e modulare di Artemide, che con Arctic ha reinterpretato i solidi archimedei trasformandoli in lampade leggere, ispirate ai cristalli di ghiaccio. Un progetto firmato BIG che unisce trasparenze, riflessi e sostenibilità in una struttura accessibile e circolare. Ma è stato anche un viaggio nella storia: la riedizione di pezzi iconici come Cetra di Vico Magistretti e Alcinoo di Gae Aulenti ha riportato al centro il dialogo tra passato e presente. Lo stesso spirito si è ritrovato da Flos, dove la materia dialoga con la memoria. Seki-Han, disegnata nel 1963 da Tobia Scarpa, torna in una nuova versione con lamelle mobili in legno e tecnologia LED, mantenendo intatto il rigore della forma. La “Biagio” del 1968 è stata presentata in un’edizione limitata in onice miele: scultura luminosa in cui la pietra si fa filtro e poesia. Non sono mancate le incursioni filosofiche, come nel caso de Il Fanale, che ha portato a Euroluce quattro collezioni ispirate al pensiero di Eraclito. Luce come cambiamento, materia come processo. Ceramiche, metalli vivi, superfici invecchiate raccontano la trasformazione come forma di bellezza.
Il contrasto tra tradizione artigianale e visione contemporanea ha trovato un’eccellente espressione anche nel lavoro di Foscarini, che con la collezione Etoile ha proposto un nuovo lessico per il lampadario veneziano. Le strutture in vetro pyrex e satinato ridefiniscono il concetto di leggerezza e trasparenza, mentre le creazioni di Francesca Lanzavecchia come Tilia e Allumette raccontano una luce organica, viva, fatta di geometrie instabili e materiali leggeri.
In una narrazione sempre più esperienziale, Davide Groppi ha optato per l’essenzialità assoluta: TaO, una sfera nera che fluttua nello spazio, è pura metafisica luminosa. Con Set, invece, la luce diventa attrezzo da regista: riflettori, diffusori e filtri offrono infinite combinazioni, in un gioco visivo raffinato e controllato. Una dimensione immersiva ha pervaso anche le installazioni di Lasvit, dove luce e acqua si sono unite nell’opera Soaked in Light. Tra vetri scolpiti e giochi di trasparenze, l’installazione centrale Splash ha catturato il pubblico con la sua capacità di trasformare lo spazio in esperienza.
Il minimalismo strutturale è stato interpretato con eleganza anche da Luceplan, che con Markis ha ridefinito il concetto di lampada a sospensione. L’incontro tra tre estrusioni in alluminio e un tessuto teso crea un oggetto leggero e silenzioso, dove l’illuminazione diventa quasi scenografia.
Tra le realtà internazionali, Ambientec, brand giapponese, ha proposto lampade senza fili come Vosco e Barcarolle, che fondono artigianato e tecnologia LED in oggetti portatili dal forte potere evocativo. Oggetti piccoli ma profondi, che parlano una lingua fatta di silenzi e riflessi.
Infine, Preciosa Lighting ha aperto nuove possibilità progettuali con Crystal Links, una collezione modulare ispirata alla geometria urbana, e con il suo Signature Design Generator, uno strumento interattivo per esplorare varianti creative in tempo reale. Una dimostrazione concreta di come la tecnologia possa essere al servizio della personalizzazione e del racconto.